Dialogo con i genitori

Da dieci anni, a Portofranco, facciamo gli incontri con i genitori. Prima non riuscivamo neanche a pensarli tanto eravamo travolti dai numeri crescenti dei ragazzi che ci frequentavano (100/300/500/700/1000…) e dall’organizzazione da reinventare ogni anno.

A un certo punto abbiamo visto che potevamo incontrare anche i genitori dei ragazzi. Abbiamo iniziato a vederli a gruppi di cinque/sei, alla volta, ed era soprattutto della gratuità che si parlava loro, della serietà con cui venivano trattati i ragazzi e della attenzione che qui era più facile, perché il rapporto era uno ad uno.

Poi per dar concretezza a queste parole si girava insieme ai genitori per i corridoi, guardando i ragazzi studiare coi nostri volontari. E quell’attenzione e quella serietà erano palpabili, erano nell’aria, erano sui loro volti, volti tesi a trovare la formula più semplice, la parola più giusta, volti tesi spesso a incoraggiarli, a sostenerne la fatica. Anche sui volti dei ragazzi si vedeva spesso la tensione a capire, a domandare, atteggiamenti che lasciavano sorpresi i genitori che, con uno scambio di sguardi, sorridevano, compiaciuti.  Finalmente, potevano rilassarsi! Quella disperazione che a volte li prendeva, pensando ai brutti voti, a quella solitudine maledetta, a quei dannati, invincibili telefonini, si scioglieva per un attimo e speravano che quel che avevano visto nelle aule, potesse accadere anche al loro figlio.

Ecco, ora, alcune esperienze che accadono da dieci anni, seppur in forme sempre nuove e diverse.

Quel ragazzo autistico che, dopo tre settimane di Portofranco, sorprese il suo psichiatra che disse alla madre d’aver notato miglioramenti importanti che non accadevano per merito suo ma per la frequentazione del nostro centro.

E quelle sette pedagogiste arrivate da Novosibirsk per conoscere la nostra esperienza, la pedagogia e la metodologia usate e che per quattro volte ci interrogarono sulla gratuità, parola che nel loro vocabolario, nella loro mente, non esisteva e che si trovarono stupefatte, mentre insieme guardavamo quel che avveniva, davanti ai loro occhi, forse per la prima volta, a Portofranco. Essi ci fecero apprezzare di più quel che facevamo.

E quella madre che, insieme ad altre cinque, ci ascoltava e dopo che ciascuna aveva detto la sua su Portofranco, chi della bella accoglienza, chi dell’ordine e della pulizia, chi dell’attenzione, chi della serietà, avendo già frequentato per un anno, la figlia, la nostra attività, disse, con una semplicità che meravigliò tutti, che qui aveva visto grande amore per la figliola. Ci fu un attimo di silenzio perché quella era parola che altrove raramente risuona; osservammo, un po’ provocatoriamente, che pareva parola troppo grossa. Gli sguardi di tutti volsero verso quella signora che ridisse, con tranquillità, che qui notava grande amore alle persone e che si respirava in tutto. Il dialogo coi genitori, quel giorno si fermò su quelle parole.

E quel professore che un giorno, dopo un’ora di lavoro senza frutto alcuno, applaudì un ragazzo perché aveva detto che ”però, mi sono impegnato.” “Hai ragione. Hai ragione. Bravo!“

E quella volta che abbiamo visto un universitario abbracciare con forza un ragazzetto perché era troppo deluso di sé e della sua incapacità! Quella volta una mamma si mise a piangere dalla commozione.

E quell’universitaria che si vedeva spessissimo assegnare da Momo (perché era in gamba, diceva lui) i ragazzi in grave difficoltà e che alle 18 lasciava la nostra sede, piuttosto a pezzi, ma ancora ilare? Per cinque anni!

E quell’accorrere, in tutti questi anni, di ragazzi e genitori, a Portofranco, dovuto ai maestri, ai professori, alle parrucchiere, ai vicini di casa…… che, sapendo di noi, parlano bene e qui li indirizzano?

È un breve, festoso elenco di piccoli fatti che può continuare all’infinito se guardiamo con attenzione la storia di Portofranco. Segni piccoli di una cosa grande. Sono le stelle del cielo di Portofranco. Alcune volte appaiono stelle più luminose in questo firmamento. Per esempio, certi universitari che vengono da tre anni, da cinque anni. Certi adulti che vengono da 5 anni, da 10 anni, da 20, dove attingono l’energia per questa fedeltà luminosa? Difficile da dire. Sembra quella notte quando gli angeli svegliarono i pastori e indicarono loro una grotta dove era avvenuto un fatto prodigioso: Dio era diventato un bambino. I pastori accorsero, stupirono e il cuore si rallegrò. Sembra proprio quel che accade, in qualche misura, spesso, tra i volontari, i genitori, i ragazzi che vengono qui, dove, inaspettatamente, trovano molto di più di quel che si aspettano.

E c’è un gesto che tutti i giorni si propone nell’aula di inglese, tra le 14:50 e le 14:55, quando, universitari e adulti, liberamente si ritrovano a recitare, con Sandro, l’Angelus, preghiera in cui si chiede di riconoscere presente, nelle cose che si fanno, Lui, Gesù. Forse è proprio lì l’origine di tutto. Forse è questa la stella più luminosa che, senza saperlo, aspettiamo. Scrutiamo dunque l’orizzonte, come fecero i Re magi. La stella è vicina. Ci accompagna.

Sandro e Giovanni, fanno gli incontri con i genitori. Tutti i giorni.

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